Le fratture da stress derivano da microtraumi ripetuti e non sono causate da un singolo evento traumatico. La ripetizione di movimenti quotidiani, come camminare, correre o saltare, può favorire l’insorgere di microfratture, solitamente localizzate negli arti inferiori, a livello del piede (soprattutto le ossa metatarsali), della tibia e del collo del femore. Tali fratture provocano dolore e limitazione funzionale, ma non sono facilmente rilevabili tramite radiografie, rendendone complessa la diagnosi. Tra gli atleti (o aspiranti tali), in particolare coloro che tendono a sottovalutare i propri limiti fisici, queste fratture sono molto più comuni di quanto si immagini.

Si tratta di un infortunio difficile da individuare poiché, all’inizio, provoca solo dolore senza altri sintomi evidenti. Una persona potrebbe non rendersi conto della frattura; spesso, esegue una radiografia che non rileva nulla, poiché nelle prime fasi non emergono segni radiografici. Solo dopo alcune settimane può comparire la linea di frattura, o addirittura mesi dopo, quando si forma il callo osseo, segnale di avvenuta guarigione. È compito dell’ortopedico sospettare una frattura da stress e prescrivere un esame di secondo livello, come la risonanza magnetica, per confermare la diagnosi. Il trattamento include il riposo funzionale e l’eliminazione della causa del sovraccarico, oppure l’immobilizzazione della zona interessata con un tutore o un gesso, associata a terapie fisiche come le onde d’urto. L’intervento chirurgico è necessario solo in casi rari.